La comunicazione di informazioni di carattere non finanziario: gli aspetti ambientali

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Sul n. 7/2017 della rivista "Ambiente & Sviluppo", edita da IPSOA, è stato pubblicato un articolo che analizza la nuova disciplina sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, che riguarda anche aspetti ambientali.
Qui di seguito vi riporto qualche stralcio: si tratta di un argomento importante, e per una volta sembra che il legislatore abbia intrapreso la strada giusta....

Il cambio di passo
Il quadro che emerge dalla lettura del 12° Global Risk Report mostra che l’80% delle cinque principali minacce in termini di impatto (e due su cinque in termini di probabilità) riguardano l’ambiente: stiamo parlando degli eventi meteorologici estremi; delle crisi idriche; delle gravi catastrofi naturali e del fallimento delle politiche e delle misure di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici. 

Da una comparazione con la “top 5” degli anni precedenti, ciò che salta subito all’occhio è il rapido aumento dei fattori ambientali, sempre più rilevanti non solo per le imprese e le famiglie, ma anche per il mondo economico, finanziario e politico. 

La classe politica dovrebbe prendere atto che non si può più limitare al compitino delle buone azioni e dei fioretti – da comunicare più che da implementare…. – ma che occorre andare oltre, ideando nuove politiche di gestione non solo del diritto ambientale (al momento pletorico, scoordinato, male applicato, confusionario), ma anche della sua implementazione e, perché no, della sua comunicazione (purché fondata su dati, e fatti, reali e verificabili, e non su parole). 

Nuove politiche che introducano, nell’ambito delle valutazioni globali, variabili come il capitale naturale e quello sociale, che fortunatamente, anche se con un po’ di fatica e di ritardo, cominciano ad essere considerati anche dalle imprese come parametri irrinunciabili e permanenti per una completa analisi dei rischi, degli impatti, delle strategie e delle prospettive future del proprio business

È quello che sembra svilupparsi, in questi mesi, nel nostro Paese: l’occasione è data dal recepimento della direttiva 2014/95/UE, relativa alla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario di imprese e gruppi di grandi dimensioni, avvenuto con il D.Lgs n. 254/2016.
La nuova disciplina, entrata in vigore lo scorso 25 gennaio, e applicabile alle dichiarazioni e relazioni riferite agli esercizi finanziari aventi inizio al 1° gennaio 2017, ha addirittura ampliato le fattispecie rispetto a quelle indicate nella direttiva europea: un fatto che “se da un lato può apparire «normale», considerando la specifica natura dei due strumenti normativi (e la loro relazione), dall’altro contrasta con la consuetudine, poiché, non di rado, il legislatore tende ad allinearsi alle disposizioni comunitarie senza discostarvisi in maniera rilevante (laddove non le ricalchi perfettamente). 
In questo caso, invece, al di là di profili sanzionatori non trascurabili, il decreto prevede la possibilità del riconoscimento di una sorta di «attribuzione reputazionale» a enti che, pur non obbligati agli adempimenti di sustainability disclosure (dunque, imprese non di interesse pubblico né di grandi dimensioni), predispongano una dichiarazione non finanziaria conforme alle sue disposizioni” (L. Magrassi e P.P. Baldi, Disclosure di sostenibilità: D.Lgs. n. 254/2016 sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e sulla diversità”). 




Il D.Lgs n. 254/2016 sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario: a) l’ambito di applicazione 

In attuazione della direttiva 2014/95/UE, il D.Lgs n. 254 del 30 dicembre 2016 ha introdotto l’obbligo per alcune imprese (e alcuni gruppi di grandi dimensioni) di dichiarare – con riferimento agli esercizi finanziari aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2017 – alcune informazioni di carattere non finanziario, fra le quali anche quelle concernenti gli aspetti ambientali



Tabella n. 1: l’ambito di applicazione
I soggetti
Obbligati
Enti di interesse pubblico
Società italiane emittenti valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani e dell'Unione europea
Banche
Le imprese di assicurazione autorizzate (imprese di assicurazione italiane), ovvero le società aventi sede legale in Italia e la sede secondaria in Italia di imprese di assicurazione aventi sede legale in uno Stato terzo, autorizzate all'esercizio delle assicurazioni o delle operazioni di cui all'articolo 2 del codice delle assicurazioni private (D.Lgs n. 209/2005)
Le imprese di riassicurazione (le società autorizzate all'esercizio della sola riassicurazione, diverse da un’impresa di assicurazione o da un’impresa di assicurazione extracomunitaria, la cui attività principale consiste nell'accettare rischi ceduti da un’impresa di assicurazione, da un’impresa di assicurazione avente sede legale in uno Stato terzo, o da altre imprese di riassicurazione), con sede legale in Italia.
Le sedi secondarie in Italia delle imprese di riassicurazione extracomunitarie.
Gli enti di interesse pubblico che siano società madri (i)di un gruppo di grandi dimensioni (ii)
Non obbligati
I soggetti diversi dagli enti pubblici economici che volessero effettuare la dichiarazione di carattere non finanziario su base volontaria.
Quando
Ogni esercizio finanziario
Cosa
Dichiarazione individuale/consolidata di carattere non finanziario
Condizioni
Gli enti obbligati:

devono aver avuto, in media durante l’esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a cinquecento
devono aver superato, alla data di chiusura del bilancio, almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali
totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro
totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 di euro
(i) l’impresa, avente la qualifica di ente di interesse pubblico, tenuta alla redazione del bilancio consolidato ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 1991, n.127, o alla redazione del bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali se ricompresa nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38;
(ii)il gruppo costituito da una società madre e una o più società figlie che, complessivamente, abbiano avuto su base consolidata, in media, durante l’esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a cinquecento ed il cui bilancio consolidato soddisfi almeno uno dei due seguenti criteri:
1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale superiore a 20.000.000 di euro;
2) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiore a 40.000.000 di euro.
Nota: nella relazione illustrativa viene specificato che “le definizioni di «gruppo di grandi dimensioni», «gruppo», «società madre», «società madre europea» e «società figlia», ripropongono quelle della direttiva 2013/34/UE in materia di conti annuali e consolidati e sono coerenti con quelle vigenti nell’ordinamento nazionale ai fini della redazione del bilancio consolidato. In particolare, la definizione di «società madre» è strutturata in modo da identificare il perimetro di inclusione delle controllate ai fini della relazione consolidata non finanziaria con quello che delimita il bilancio consolidato, sia nel caso di società che applica gli IAS/IFRS, ai sensi del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, sia per quelle che soggiacciono, invece, alla disciplina del codice civile e del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127.
Le definizioni date, pertanto, hanno valenza ai soli fini dell’assolvimento degli obblighi previsti dal decreto legislativo e non comportano l’introduzione di nuove o diverse fattispecie attinenti l’ambito definitorio del «controllo» in ambito societario che possano in qualche modo confliggere o far sorgere dubbi interpretativi sulla base di quanto previsto dall’articolo 2359 del codice civile.
Infine, le definizioni di «standard di rendicontazione» e di «metodologia autonoma di rendicontazione» sono rivolte rispettivamente ad individuare i diversi insiemi di regole, principi e linee guida, emanati da autorevoli organismi sovranazionali, internazionali o nazionali, di natura pubblica e privata, generalmente accettati e non cogenti dal punto di vista legislativo, nonché l’insieme composito di standard di rendicontazione e criteri, principi ed indicatori di prestazione integrativi agli standard e funzionali ad adempiere agli obblighi di informativa non finanziaria e che possono costituire un modello di riferimento a cui le imprese destinatarie del provvedimento potranno uniformarsi al fine di predisporre l’informativa non finanziaria”.


b) la dichiarazione individuale/consolidata di carattere non finanziario: contenuto, collocazione e pubblicità 

Gli articoli 3 e 4 disciplinano, rispettivamente, la dichiarazione individuale e quella consolidata di carattere non finanziario, “nella misura necessaria ad assicurare la comprensione dell’attività di impresa/gruppo, del suo andamento, dei suoi risultati e dell'impatto dalla stessa prodotta” [...]
Alla dichiarazione consolidata di carattere non finanziario – che comprende i dati della società madre e delle società figlie consolidate – “si applicano integralmente, in quanto compatibili”, le disposizioni relative alla dichiarazione individuale. 
L’articolo 5 disciplina la collocazione delle dichiarazioni e le modalità pubblicazione. In particolare è data la possibilità: 
  • di includere le dichiarazioni di carattere non finanziario individuali e consolidate all’interno delle relazioni sulla gestione, o in alternativa, 
  • di costituire relazioni distinte, contrassegnate comunque da analoghe diciture. 
L’articolo prescrive, inoltre, l’obbligo di pubblicazione presso il registro delle imprese delle dichiarazioni di carattere non finanziario individuali e consolidate, congiuntamente alle relazioni sulla gestione (individuale o consolidata) e contestualmente alla data di pubblicazione del bilancio cui fanno riferimento; nei medesimi termini, infine, è prevista la pubblicazione delle dichiarazioni non finanziarie individuali e consolidate rispettivamente sul sito internet del soggetto o della società madre che hanno predisposto i documenti, dando indicazione all’interno della relazione sulla gestione individuale o consolidata della sezione del sito internet che contiene tali dichiarazioni. 
c) i casi di esonero 
Il nuovo decreto prevede alcuni casi di omissioni ed esoneri dalla redazione della dichiarazione [...]
d) il regime volontario 
 Oltre al regime obbligatorio, il D.Lgs n. 254/16 prevede la possibilità di predisporre e pubblicare dichiarazioni individuali o consolidate non finanziarie su base volontaria. In estrema sintesi, i soggetti non obbligati che: - su base volontaria, redigono e pubblicano dichiarazioni individuali o consolidate non finanziarie e - si attengono a quanto disposto dal decreto, possono apporre su dette dichiarazioni la dicitura di conformità [...]
La sanzioni e le modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria [...]
La strada giusta 
I nuovi adempimenti rientrano nel processo definito “non-financial reporting”, che: 
  • fornisce le c.d. ESG (Enviromental, Social, Governance), ovvero le informazioni ambientali, sociali e di governance che integrano gli elementi economici e finanziari contenuti nel bilancio d’esercizio, e 
  • ha lo scopo di offrire a tutti gli stakeholders dell’impresa quelle informazioni che – come evidenzia anche il GRI (Global Reporting Initiative), che promuove l'uso del reporting di sostenibilità quale strumento per consentire alle imprese e alle organizzazioni di diventare più sostenibili e contribuire alla sostenibilità dell'economia globale, e che di recente ha pubblicato le “Linee guida per il reporting della sostenibilità” GRI – G4 – hanno lo scopo di assicurare la comprensione da parte degli stakeholders dell’attività d’impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa generato nei contesti ambientali, sociali, del personale, dei diritti umani e della lotta alla corruzione attiva e passiva, che vengono considerate rilevanti rispetto alle attività e alle caratteristiche specifiche dell’impresa.

Con i suoi key performance indicators, il D.Lgs. 254/2016 sembra rappresentare un passo avanti verso il bilancio integrato – sia pure ancora limitato ad una ristretta categoria di enti di interesse pubblico – al fine di spingere il sistema produttivo e imprenditoriale verso una migliore qualità ambientale e sociale. 
Ci sarà sicuramente tempo per analizzare approfonditamente l’impatto della nuova normativa.
Nell’attesa, può essere utile leggere il recente studio sull’«impatto della direttiva non financial and diversity information sui bilanci delle società quotate», condotto dall’Osservatorio Socialis in collaborazione con AIAF, l’Associazione Italiana degli Analisti e dei consulenti Finanziari, con lo scopo di verificare se l’ambito di applicazione della direttiva 95/2014 sia coerente con il contesto economico italiano e, soprattutto, se possa contribuire al miglioramento della qualità della disclosure non finanziaria. 
In sostanza, si tratta di un’opportunità o di un vincolo per le imprese italiane? 
Nonostante sia ancora perfettibile, il decreto sembra aver imbroccato la strada giusta. 
È vero, ci sono alcuni punti delicati.
Uno dei punti più delicati è l’articolo 3.8 il quale indica che nella dichiarazione di carattere non finanziario possono essere omesse, in casi eccezionali, informazioni concernenti sviluppi imminenti ed operazioni in corso di negoziazione, qualora la loro divulgazione possa compromettere gravemente la posizione commerciale dell’impresa poiché in questo caso nella dichiarazione deve essere indicato con precisione che ci si è avvalsi di questa facoltà e le imprese potrebbero essere scoraggiate ad adempiervi”. In questi termini, Mauro Bellofiore, Responsabile Ufficio Analisi di Impatto della Regolamentazione CONSOB (http://www.aiaf.it/osservatorio-esg-16)
C’è chi critica “la scarsa attenzione dedicata al tema della governance”.
Chi evidenzia che “si poteva fare uno sforzo maggiore per diffondere di più l’informativa non finanziaria e dare quindi delle indicazioni concrete e trovare una modalità di assistenza anche per le piccole realtà aiutandole a mettere in campo dei comportamenti responsabili che spesso sono adottati in modo inconsapevole ed è importante creare questa coscienza e le grandi aziende potrebbero essere responsabilizzate a ricoprire questo ruolo coinvolgendo tutta la filiera produttiva” (in questi termini, Tiziana Pompei, Vice Segretario Generale UnionCamere. (http://www.aiaf.it/osservatorio-esg-16).”.
Ci sono posizioni contrastanti su un tema border line come quello relativo alla scelta degli standard internazionali. 
La CONSOB, ad esempio, dà risalto all’ampio “spazio [che] si è lasciato nella scelta degli standard internazionali e alle modalità di controllo e di approfondimento”; di conseguenza, “i primi bilanci costituiranno un test anche per la Consob stessa per valutare l’approfondimento delle tematiche non finanziarie”.
Ed evidenzia che “all’articolo 1.g) «metodologia autonoma di rendicontazione»: viene indicata la possibilità di adottare da parte delle aziende ulteriori principi, criteri ed indicatori di prestazione, autonomamente individuati ed integrativi rispetto a quelli previsti dagli standard di rendicontazione adottati, che risulti funzionale ad adempiere agli obblighi di informativa non finanziaria previsti dal decreto legislativo e dalla direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo. Vi è quindi la possibilità di estrarre singole parti da vari standard”
 Da Prioritalia e dalla Fondazione Nazionale Commercialisti, invece, si fa notare, rispettivamente, che: 
  • per le grandi aziende vi sono ancora ambiti di miglioramento ma la grande sfida è quella di individuare ed adottare indicatori che siano comparabili, tracciabili e standardizzati; 
  • dal punto di vista tecnico importanti sono gli standard che dovrebbero essere già quelli accettati e riconosciuti a livello internazionale senza concedere spazio all’adozione di autonome metodologie. 
Ma nel complesso la ricerca, “nata quando si parlava di Direttiva europea 2014/95/UE ed il governo italiano era impegnato nella sua traduzione in Italia” restituisce un quadro che, nonostante il livello molto elevato di discrezionalità che rende “difficile individuare una standardizzazione delle informazioni”, appare essere estremamente dinamico, e ci dimostra come tutto sommato il D.Lgs. 254/2016 venga percepito più come un’opportunità, nonostante imponga una serie di obblighi per i soggetti obbligati e, nel contempo, si limiti a prevederne la volontarietà per gli altri. 
“Obiettivo importante è la comparabilità dei dati e le grandi aziende dimostrano già un certo grado di consapevolezza per quanto c’è ancora molto da fare. Queste informazioni sono importanti per tutti e quindi anche per le PMI e il merito del D.Lgs. 254/2016 è stato quello di aver tenuta alta l’attenzione su questi temi e di mettere un po’ di ordine”, viene sottolineato da Unioncamere, mentre da Prioritalia si evidenzia che “con riferimento al ruolo dei manager il D.Lgs. 254/2016 rappresenta un punto di non ritorno in quanto impone il passaggio da una CSR Corporate Social Responsibility reputazionale ad una CSR strategica e quindi questa è ritenuta essere una buona norma”
Anche la CONSOB – che “si sta attivando per rispondere adeguatamente al suo ruolo di controllo richiesto dal legislatore e si sta formando una propria cultura per poter giudicare la bontà e la conformità dell’informativa non finanziaria” – pur sostenendo che “non si tratta di tematiche completamente nuove in quanto già i codici di autodisciplina per le società quotate alla Borsa Valori danno un indirizzo”, mette in risalto il fatto che “la normativa comporta sia obblighi che opportunità e se da una parte può essere vista come un impegno dall’altro un ampliamento dell’informativa agevola gli investitori nella valutazione delle società”, e “gli stessi consumatori sono favoriti in quanto sempre più prestano attenzione nella scelta dei prodotti agli impatti ambientali e sociali causati delle aziende, alle politiche del personale che attirano soggetti più qualificati e quindi il nuovo D.Lgs. 254/2016 comporta anche dei vantaggi”
A conti fatti, nonostante sia ancora perfettibile, il decreto ha imbroccato la strada giusta. 
Sarà importante tener conto anche dei suggerimenti (di quelli già emersi e di quelli che verranno), ma l’importante è aver cominciato questo percorso, e non essere rimasti fermi ai blocchi di partenza, nella pia illusione (nell’attesa, quindi) di trovare, fin da subito, una soluzione – che si presume perfetta – per poter risolvere questo complesso quanto affascinante tema. 
L’importante è avere cominciato questo percorso, nel quale ci sarà sempre e solo da imparare e migliorare strada facendo, tendendo alla perfezione, certo, ma senza cedere all’ansia di raggiungerla (e, in sostanza, di rimanere immobili): perché – Salvador Dalì docet – “non [devi] aver paura della perfezione, perché tanto non la raggiungerai mai”