La “nuova” SEN: Strategia Energetica Nazionale di ampio respiro o piccolo cabotaggio?

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Il 14 marzo 2013 – dopo una lunga, per certi versi estenuante (anche se abituale), attesa, e dopo i rumors ufficiosi dei giorni precedenti, che davano per approvata la nuova SEN – finalmente la fumata bianca: sul sito del Ministero dello sviluppo economico è stato pubblicato il documento “Strategia Energetica Nazionale: per un’energia più competitiva e sostenibile – Marzo 2013” (SEN - Strategia Energetica Nazionale),  verosimilmente lo stesso che sarà pubblicato, nelle forme di un decreto interministeriale (decreto 8 marzo 2013), in Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni. Frutto di un “ampio processo di consultazione pubblica, avviata a metà ottobre con l’approvazione in Consiglio dei Ministri del documento di proposta, e proseguita con il confronto fino a dicembre di tutte le istituzioni rilevanti (Parlamento, AEEG e Antitrust, Conferenza Unificata, CNEL, Commissione Europea) e di oltre 100 tra associazioni di categoria, parti sociali e sindacali, associazioni ambientaliste e di consumatori, enti di ricerca e centri studi”, la nuova Strategia – evidenzia il ministero nel sito istituzionale, “consentirà un’evoluzione graduale ma significativa del sistema ed il superamento degli obiettivi europei 20-20-20”, fra i quali: 
  • una significativa riduzione dei costi energetici; • un progressivo allineamento dei prezzi all’ingrosso ai livelli europei; 
  • il superamento di tutti gli obiettivi ambientali europei al 2020; 
  • una maggiore sicurezza, una minore dipendenza di approvvigionamento e una maggiore flessibilità del sistema; 
  • un impatto positivo sia sulla crescita economica green e white economy che nei settori tradizionali (reti elettriche e gas, rigassificatori, stoccaggi, sviluppo idrocarburi), attraverso sette priorità, “con specifiche misure concrete a supporto avviate o in corso di definizione”. 

In sostanza, chiosa l’MSE, “si tratta di investimenti privati, solo in parte supportati da incentivi, e con notevole impatto in termini di competitività e sostenibilità del sistema”. 

All’indomani della notizia della firma del decreto, e anche prima della prima lettura del testo definitivo (e, quindi, sulla sola base dei documenti, parzialmente modificati – vedremo come – circolanti fino al giorno prima) molte sono state le critiche di merito (relative alla vision dei ministeri) e di metodo (relative all’opportunità di promulgare tale decreto, con quelle criticità, un attimo prima di cedere il posto – se, come e quando questo avverrà – ad un nuovo Governo; sarebbe stato meglio, a questo punto, secondo i critici, aspettare ancora un po’, e valutare meglio le criticità). 

Nelle pagine de “Il Quotidiano IPSOA – Professionalità quotidiana”,  troverete un “commento a caldo”, e nei prossimi giorni degli approfondimenti specifici, volti ad analizzare nel dettaglio i singoli aspetti più rilevanti della “Strategia” che dovrebbe impegnare il nostro Paese per i prossimi sei lustri.

In questo blog mi limito ad una breve considerazione, che nasce da questi due interrogativi: 
Quali sono le ragioni che hanno condotto, nel merito e nel metodo, il Governo ad adottare questa strategia? 
Quale sarà l’impatto reale, nel breve e nel lungo periodo? 

A me sembra che uno dei punti fondamentali per capire come – al di là delle parole – si concretizzerà la strategia sia racchiuso nel suo sviluppo diacronico: si parla di medio-lungo periodo con riferimento al 2020, che invece – in termini di investimenti, di programmazione giuridico-economica, di sviluppo delle tecnologie – “è già domani”, mentre si fa riferimento al 2050 in termini quasi scolastici, come se fosse un’era geologica lontana più che un futuro immanente. 
 Mentre in Europa – in relazione alle rinnovabili, le energie del futuro – le istituzioni comunitarie stanno già affrontando da mesi il tema di cosa dovrà succedere nel settore ben al di là del 2020, perché l’orizzonte temporale che ci separa da tale scadenza è diventato troppo breve, e occorre cominciare a pensare per tempo alle strategie di sostenibilità future di lungo (non: lunghissimo) periodo, in Italia la nuova strategia parla in termini prudenziali di “una graduale ma significativa” evoluzione del sistema. 

La “presentazione strategica” della SEN (Strategia Energetica Nazionale) (dal punto di vista comunicativo, non c’è dubbio che chi legge è indirizzato ad un certo “ragionamento”) non deve trarre in inganno, ma soprattutto il riferimento all’integrazione e al coordinamento delle normative, alla necessaria diversificazione, alle sostenibilità dello sviluppo, alle generazioni future, alla prudente gradualità – tutti termini astrattamente condivisibili, perché sinonimo di autorevolezza – nel concreto si svuotano, almeno parzialmente di significato, se solo si pensa che partiamo già con grave ritardo, e che la “significativa gradualità” non consentirà di recuperare almeno parta del gap giuridico e culturale che negli ultimi anni abbiamo (se non coltivato, sicuramente) non contrastato. 

Lo sguardo al passato relativo alle fonti energetiche fossili (unito agli interventi che si intendono pragmaticamente effettuare solo in questo settore) è indice di una mancanza di prospettiva di ampio respiro: ciò che dovrebbe connotare una strategia che invece, nel caso italiano, assomiglia più ad una tattica di breve (pardon: medio-lungo) periodo, che potrebbe dare soltanto l’illusione di essere in grado di risolvere i problemi, in attesa di una futura strategia, che magari dovrà far fronte anche al fatto che l’eterno immobilismo decisionista del nostro Paese ha portato gli investitori privati (cui spesso si fa cenno nella strategia, con riferimento al “ritorno economico positivo per il Paese” e al “notevole impatto in termini di competitività e sostenibilità del sistema”) ad investire le loro energie in progetti da realizzare altrove.     


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Anonimo
19 marzo 2013 alle ore 13:38

Sono iscritta da poco a questo blog e oggi ci sono entrata per cercare qualche riflessione utile al mio problema.
Sono d'accordo con i rilievi espressi in questo post e, dirò di più, per me non si tratta neanche di un piccolo cabotaggio: è una strategia ottusa, immorale e direi anche illegittima.
Infatti, contro il doppio parere negativo del Consiglio superiore dei lavori pubblici, senza tener conto del dissenso degli enti comunali interessati e senza consultare la popolazione coinvolta (e sono solo alcuni dei giuridicamente rilevanti giudizi negativi), il governo Monti ha portato a conclusione, nel giro di pochissimo tempo, una trattativa che prevede la concessione demaniale per la costruzione di una "bomba": un rigassificatore (il più grande d'Italia) nel mio comune, a due passi da un termovalorizzatore, in una zona ad elevato rischio sismico e, per di più, a vocazione turistica.
Questo è un modo per fare progredire il nostro Paese nella mente di persone che ne sottovalutano la popolazione.







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